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Con un paio di classi del liceo in cui insegno, ho partecipato nei giorni scorsi a una iniziativa nell’ambito del progetto europeo TIP (Theatre Tools for Islamophobia Prevention). Si è trattato di una mattinata (ospiti dei Missionari Saveriani) nella quale un folto gruppo di ragazze e ragazzi ha potuto sperimentare la metodologia del Teatro Forum per ragionare sulla questione dell'islamofobia. Il Teatro Forum è una forma del più ampio Teatro dell’oppresso e mette in scena situazioni problematiche
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Nelle mie classi terze liceo stavo per iniziare la batteria di lezioni sulle chiese cristiane. Di solito parto con un confronto sul significato della parola “chiesa”, poi chiedo se pensano che la chiesa nasca da una precisa volontà di Gesù o da un’esigenza organizzativa di chi aveva accolto il suo messaggio.... ecc.ecc. Arrivo poi a elencare le principali chiese cristiane per sottolinearne elementi comuni e differenze. Ma con il tragico scoppio della guerra in Ucraina ho cambiato programma.
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Aisha e Zahira (nomi di fantasia) sono due ragazze musulmane che frequentano il liceo nel quale insegno. Si tratta di due mie “non alunne” nel senso che fanno parte del numeroso gruppo che, in una delle mie classi, non si avvale dell’IRC. In questa classe stiamo parlando di Islam e qualcuno ha proposto di invitare le due compagne nell’ora di religione perché ci raccontassero il loto modo di vivere la fede in Dio. Hanno accettato ed è stato un bell’incontro. Le ragazze frequentano un centro islamico
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Leggendo il libro del nostro collega Filippo Binini, “Pluralismo religioso a scuola: una proposta”, viene in mente la frase di un grande docente ed educatore, don Lorenzo Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia” (“Lettera a una professoressa”). Qual è dunque il “problema comune” a molti docenti di religione al centro di questo volume appena pubblicato da Pazzini Editore? Il ruolo stesso della nostra disciplina e di chi la insegna