Nelle mie classi terze liceo stavo per iniziare la batteria di lezioni sulle chiese cristiane. Di solito parto con un confronto sul significato della parola “chiesa”, poi chiedo se pensano che la chiesa nasca da una precisa volontà di Gesù o da un’esigenza organizzativa di chi aveva accolto il suo messaggio.... ecc.ecc. Arrivo poi a elencare le principali chiese cristiane per sottolinearne elementi comuni e differenze. Ma con il tragico scoppio della guerra in Ucraina ho cambiato programma.
Sono partita dal discorso di Kirill, patriarca ortodosso di Mosca. Ho avuto così modo di spiegare qualcosa della chiesa cristiana ortodossa e di aprire una riflessione sulla lettura che il leader della chiesa russa fa del violento conflitto in atto. Come noto egli ritiene che all’origine della guerra ci sia il tentativo dell’Occidente di imporre la propria cultura che esalta la “libertà visibile” e il “consumo eccessivo” a una popolazione che invece ha tutt’altri valori. Lo “scontro di civiltà” che per decenni abbiamo identificato con il conflitto tra islam e cristianesimo, si sposterebbe ora tra popoli che hanno le medesime radici cristiane. Secondo la visione che molti di noi hanno, questo conflitto è tra democrazia e libertà da una parte, autoritarismo e imperialismo dall’altro. Ma evidentemente per Kirill non è così.
Le sue dichiarazioni hanno suscitato sconcerto e indignazione. Anche in me, lo confesso. Soprattutto perché non sono state accompagnate da una condanna dell’aggressione militare all’Ucraina o almeno a una condanna netta dell’uso delle armi. Eppure, questa può essere un’occasione concreta per fare una specie di esperimento di gestione nonviolenta dei conflitti. La prima regola è quella di non demonizzare l’oppositore: evitiamo di lasciarci andare a insulti e improperi. Dobbiamo avere fiducia che anche Kirill, come noi, sta cercando il bene. Ma come?! Appoggiando di fatto Putin e la sua furia distruttrice?! Sembra impossibile ma forse, se riusciremo a spostarci dal nostro punto di vista, potremo comprendere che Kirill si identifica con il popolo russo e lo considera la prima vittima di un’aggressione, appunto quella della cultura occidentale che mira a una sorta di colonizzazione attraverso le sirene del consumismo, del peccato, della NATO e dell’Unione Europea. In pratica, dal suo punto di vista, l’aggressione all’Ucraina sarebbe una guerra di difesa contro l’Occidente che subdolamente, ma non troppo, sta allargando sempre più la sua influenza.
Difficile accettare una visione così distante dalla nostra ma è inutile riempirci la bocca con il rispetto delle differenze se siamo disposti a rispettare solo quelle che ci piacciono o non ci danno fastidio.
Rispettare le differenze e comprendere le ragioni dell’altro, non significa approvare le sue scelte. Significa però creare le condizioni per il dialogo e quindi per prevenire la violenza. Visto quello che sta dicendo, anzi gridando Francesco, vescovo di Roma, sarebbe probabilmente molto istruttivo assistere a una discussione tra lui e Kirill, patriarca di Mosca.