Marinella Perroni, biblista, è recentemente tornata a Parma invitata dall’associazione “Viandanti”. Ricordiamo con piacere la lezione che tenne a noi IdR nel settembre scorso a Fornovo su Bibbia e Scuola mentre in quest’ultima occasione ha commentato Galati 3,28; Marco 15,40 e Romani 16,1-16 per approfondire il tema “Una comunità di uguali”. La prof.ssa Perroni ha tenuto due dense e approfondite lezioni da cui traggo solo alcuni spunti che mi sono parsi particolarmente interessanti. È certo che Gesù abbia fondato attorno a sè una comunità di uguali in cui differenze di genere, status sociale ecc non provocavano discriminazione alcuna.
Si trattava di una comunità orizzontale che faceva riferimento a Gesù, leader carismatico. Dopo la sua morte-resurrezione però essa si è trovata nella necessità di darsi una struttura organizzativa e purtroppo ha assunto piuttosto presto il modello gerarchico e patriarcale tipico del paganesimo romano.
Tuttavia il Nuovo Testamento documenta non solo il comune discepolato di donne e uomini rispetto a Gesù ma anche la condivisione della fatica apostolica e missionaria di donne e uomini dopo la Pasqua.
Oggi le donne sono escluse dai ministeri istituiti ma non esiste una sola ragione biblica che giustifichi questa prassi. Viene ancora citata come giustificazione la scelta dei 12 che erano uomini ma la biblista ha smontato pezzo per pezzo questa tesi mostrando che l’importanza della lista dei 12 sta nel numero (simbolico richiamo alle 12 tribù di Israele) e non certo nel sesso dei componenti.
Purtroppo, secondo Marinella Perroni, tende ad allentarsi il legame, che il Concilio aveva riscoperto, tra esegesi e teologia quindi a volte si corre il rischio di adagiarsi su prassi ecclesiali che non hanno fondamento biblico.
Quando si parla di uguaglianza nella comunità cristiana si cita spesso Galati 3,26-29: “Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è giudeo né greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa”. Non sempre tuttavia questo testo viene correttamente tradotto e compreso. Si pensa infatti che emerga l’uguaglianza in Cristo di giudei e greci, schiavi e liberi, uomini e donne. In realtà il riferimento al “maschio e femmina” non riguarda la loro uguaglianza ma il superamento, alla fine dei tempi, in Cristo, della loro differenza ordinata al compito riproduttivo di cui parla Genesi 1,26.
Se vogliamo fondare l’uguaglianza di uomini e donne nella chiesa il riferimento non è Galati 3,28 bensì il discorso di Paolo sul superamento della circoncisione.
La circoncisione infatti, essendo il segno dell’Alleanza praticata solo sui maschi, costituiva il segno dell’esclusione delle donne e quindi dello squilibrio tra i generi. A questa pratica patriarcale Paolo lancia una grande sfida imponendo di passare dalla circoncisione (maschile) al battesimo (per tutti!). Il fondamento dell’uguaglianza sta qui: nel superamento di una struttura religiosa basata sulla circoncisione.
La realizzazione di una “comunità di uguali” in cui donne e uomini godano della stessa libertà di figlie e figli di Dio è ancora una meta da raggiungere per la chiesa cattolica ma più ci nutriamo della Parola approfondendo le Scritture più sentiamo che lo Spirito soffia dove vuole e non si fa ingabbiare nè da definizioni dottrinali, nè da prassi consolidate, nè da umane, umanissime, istituzioni gerarchiche.