Mi faccio alcune domande. Si può avere paura di due persone che dichiarano di amarsi e che per questo si sono scambiate una promessa di reciproco rispetto, aiuto, condivisione? Si può pensare che queste persone, a causa di tale legame, siano nel peccato, cioè ostili all’amore di Dio? Queste domande nascono dalla lettura delle tante reazioni preoccupate di fronte alla Dichiarazione Fiducia Supplicans (pubblicata qualche settimana fa dal Dicastero per la Dottrina della Fede) sulla possibilità che un presbitero benedica le coppie “irregolari”.
L’estrema prudenza e chiarezza della Dichiarazione non è riuscita a fugare il diffuso timore che non resti ben chiaro cosa è matrimonio e cosa non lo è e, in definitiva, chi è palesemente peccatore e chi no.
Ma due persone che decidono di unirsi nell’amore avendo un matrimonio fallito alle spalle (magari perché vittime di un abbandono) in che cosa peccano? Davvero Gesù voleva impedire qualunque possibilità di ricominciare, insegnando: “Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”? (Matteo 19,6). O intendeva piuttosto ammonire i suoi sbigottiti amici uomini (Matteo 19,10) abituati a trattare le donne come cose da prendere e lasciare, a piacimento?
E due persone dello stesso sesso che si amano, in che cosa peccano? La Bibbia condanna le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso, ma la Bibbia non conosce la possibilità dell’amore tra queste e nemmeno il fatto che l’orientamento omoaffettivo sia del tutto naturale come quello eteroaffettivo.
Francesco sta cercando di fare prevalere la misericordia divina sulla dottrina umana. Dargli una mano conviene a tutti, se non altro perché peccatrici e peccatori li siamo tutti!
Carla Mantelli