Il 2024 inizia senza che finiscano le tante guerre che insanguinano il mondo. Ci stiamo abituando ma non possiamo permettercelo. Il male gioca proprio sul fatto che ci si abitua, non lo si riconosce più, non ci si scandalizza più. Allora dobbiamo continuare a scandalizzarci di fronte a tutte le guerre e a pretendere che i nostri governanti si diano da fare per costruire pace e giustizia. Ci deve essere un modo per porre fine alla carneficina e trovare soluzioni ragionevoli. Ma abbiamo bisogno di persone capaci di profezia.
Mi ha colpito l’intervento di Antonio Mattiazzo, già vescovo di Padova e ora residente in Israele, che qualche giorno fa è stato pubblicato da Avvenire. Riguarda la guerra tra Israele e Hamas. L’autore richiama la risoluzione ONU 181 del 1947, generalmente riproposta a livello politico e diplomatico perché ritenuta necessaria per porre fine al violento conflitto: due popoli, due Stati.
Ma vari motivi portano l’autore a ritenere la soluzione irrealistica.
Innanzitutto, solo una minoranza di israeliani e palestinesi la approvano. In secondo luogo, gli insediamenti israeliani in territori che dovrebbero essere palestinesi sono ormai diffusissimi. In generale sono milioni gli ebrei e i palestinesi che vivono negli stessi territori, senza contare che due milioni di arabi sono cittadini israeliani.
Scrive il gesuita David Neuhaus, citato di Mattiazzo: “Il grosso e insoluto nodo della questione è costituito dai cittadini arabi palestinesi che all’interno di Israele costituiscono un quarto della popolazione ma non godono di uguali diritti” Sono cittadini di serie B.
Allora che fare? Rassegnarsi ai continui massacri finché uno dei due contendenti non riuscirà a cancellare l’altro dalla faccia della terra? No. Bisogna rilanciare con una proposta molto più ambiziosa ma anche più realistica: un unico Stato in cui israeliani e palestinesi vivano insieme con pari diritti e doveri. Pochi anni fa gli Ordinari cattolici della Terra Santa invitarono a riflettere su questa prospettiva e si chiesero: “Nel passato abbiamo vissuto insieme in questa terra, perché non potremmo viverci insieme anche nel futuro?”.
In un mondo sempre più piccolo, in cui comunicare, mischiarsi, viaggiare è sempre più facile, per quale motivo ogni gruppo etnico dovrebbe avere un proprio Stato? L’Unione Europea sta faticosamente andando in senso contrario perché si è capito che mettersi insieme è un vantaggio per tutti. Ma per capirlo c’è stato bisogno di donne e uomini che hanno avuto il coraggio della profezia, la capacità di guardare lontano sognando qualcosa che sembrava impossibile.
Anche oggi, ebrei, musulmani, cristiani hanno il dovere di essere profeti, cioè di guardare la storia con gli occhi di Dio e trovare il modo di avvicinarsi alla visione del profeta Isaia: “Spezzeranno le loro lance e ne faranno aratri, delle loro lance ne faranno falci, una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Is. 2,4)
Carla Mantelli