L’associazione Viandanti, che raccoglie gruppi, persone e riviste che intendono promuovere la responsabilità del laicato nella Chiesa Cattolica, ha organizzato a Bologna nei giorni scorsi il suo secondo convegno nazionale dal titolo “Chiesa di che genere sei? – Carismi, ministeri, servizi per un popolo di donne e di uomini”. Gli interventi di relatrici e relatori e partecipanti sono stati molto chiari nelle analisi e coraggiosi nel guardare al futuro. La teologa Cettina Militello ha ricordato come il Battesimo conferisca ad ogni persona i tre doni del Sacerdozio, della Regalità e della Profezia, senza distinzione alcuna di condizione sociale o di sesso. Il Concilio aveva riscoperto questa verità ma ancora oggi sembra che i tre “munera” siano riferibili solo ai ministri ordinati
la cui funzione invece dovrebbe essere solo “segnaletica”, finalizzata a condurre tutto il popolo di Dio a vivere sacerdozio, regalità e profezia. “Dobbiamo cambiare l’attuale modello di Chiesa che si discosta troppo dal modello delle origini e per farlo non possiamo aspettare le direttive di qualcuno ma prendere l’iniziativa e sperimentare modelli nuovi nella catechesi, nella liturgia, nell’evangelizzazione” ha concluso la teologa siciliana. Maria Cristina Bartolomei, docente di Filosofia Morale e Filosofia della Religione a Milano, ha lucidamente spiegato quanto sia assurdo porsi il problema della collocazione delle donne nella Chiesa perché equivale a certificare che le donne sono fuori da essa. La loro specifica collocazione infatti è definita in base a ciò che esse NON possono essere e NON possono fare. Il ruolo femminile si differenzia da quello maschile esclusivamente in base a divieti. Ma cos’è che fa così paura nelle donne? Nei due millenni di cristianesimo sono cambiate moltissime cose: solo i divieti rivolti alle donne non possono cambiare? L’importanza attribuita alla esclusione delle donne dai ministeri porta a una conclusione amara: la Chiesa si fonda sull’esclusione delle donne! Con ogni evidenza questa scelta è nettamente contraria al Vangelo perché Gesù non ha mai escluso nessuno in base al sesso. L’ostinazione nel non volere riconoscere l’uguaglianza di donne e uomini ha anche gravi ripercussioni sul piano socio-politico perché finisce per confermare l’assoggettamento delle donne nel mondo.
Serena Noceti, anch’essa teologa, ha auspicato una nuova consapevolezza sull‘essere della Chiesa Cattolica marcatamente “gender oriented”. In essa infatti la differenza di genere è decisiva per marcare ruoli, spazi e poteri ma di solito questo non viene riconosciuto perché si attiva una “cecità di genere” che porta a considerare neutro ciò che neutro non è: magistero, linguaggio, prassi pastorale… Molte sono state le prospettive di azione auspicate tra le quali il cambiamento degli stili comunicativi da unidirezionali a sinodali.
La tavola rotonda al maschile ha visto il confronto tra l’Archimandrita Dionisios Papavasileiou e il prof. Yann Redaliè Docente alla Facoltà Valdese di Teologia, coordinati da don Giovanni Bottoni Presbitero della Chiesa ambrosiana e impegnato nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso. La posizione ortodossa è molto chiara e ferma: i ministri ordinati stanno al posto di Cristo quando offrono il sacrificio per il popolo. Fin dai primi secoli l’ordine è stato conferito solo ai maschi. Il tema dell’ordinazione femminile è figlio della nostra epoca e ha motivazioni sociologiche, non teologiche. Il problema quindi non esiste. Come non esiste, ma per opposti motivi, nelle Chiese protestanti tradizionali che non fanno differenze tra uomini e donne. La presenza di Cristo infatti, ha detto Redaliè, è nella comunità che celebra quindi on c’è uno status da possedere per presiedere la Santa Cena e anche la capacità di leggere la Parola viene dal sacerdozio universale. Certo, è una capacità che non si improvvisa, infatti la formazione nelle Chiese protestanti è fondamentale. Se per i cattolici la Chiesa è “madre”, per i protestanti è “scuola”. Don Bottoni ha concluso affermando che “le secolari censure ecclesiastiche nei confronti dei ruoli femminili sono il segno della distanza tra la prima comunità attorno a Gesù e la religione che ne è nata in seguito”. Decostruire la religione, riscoprire Gesù, questa sembra la strada.
Fin qui il rapido resoconto degli interventi principali. Sarebbe interessante confrontarsi sul modo in cui nella nostra prassi didattica affrontiamo o non affrontiamo queste tematiche. Se parliamo della Chiesa non è difficile che sorga la domanda “Ma perché le donne non possono fare il prete? E non potrebbe esserci una papessa?”. La risposta del Magistero cattolico non è difficile da spiegare: i dodici Apostoli maschi, la Tradizione. La domanda è: diamo conto anche del dibattito che nella Chiesa Cattolica esiste attorno a queste risposte o preferiamo fermarci all’attuale dottrina?
Nella foto, da sinistra Maria Cristina Bartolomei, Fabrizio Filiberti (presidente del Convegno), Serena Noceti