“La scuola non è una gara”, questo il titolo del convegno nazionale organizzato dal Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti di Piacenza sabato 20 aprile. 800 partecipanti paganti! E non una cifra simbolica, perché il costo era di circa 80€ (che però venivano dimezzati se ci si iscriveva in un gruppo di almeno tre persone). In più bisognava provvedere al costo del viaggio e del pranzo visto che il convegno durava tutta la giornata.
Certo, molti partecipanti hanno pagato con la carta del docente (santa subito!) ma credo che il grande successo dell’iniziativa significhi almeno un paio di cose:
- Il CPP, fondato nel 1989 da Daniele Novara - che si ispira a Danilo Dolci, Maria Montessori, Mario Lodi, Gianni Rodari, don Milani, Paulo Freire, fino a Gandhi - è una istituzione che si è guadagnata negli anni grande autorevolezza. Costituisce un punto di riferimento fondamentale per chi ama la scuola dell’apprendere e non del giudicare, la scuola “maieutica” e non la scuola “tribunale”.
- C’è un desiderio forte di cambiamento nella scuola, un cambiamento che nasce dal basso, dal pensiero e dalle sperimentazioni messe in atto da docenti in continua “tensione cognitiva”, sempre alla ricerca di un modo più bello ed efficace di fare scuola. Le sale insegnanti sono spesso i luoghi delle lamentazioni ma c’è un gran numero di insegnanti che, oltre a lamentarsi, agisce e costruisce.
Poiché è impossibile sintetizzare una giornata ricchissima di interventi, tutti piacevoli, ficcanti, alcuni emozionanti, mi limito a elencare solo alcune delle tante idee che mi sono portata a casa.
Innanzitutto, poiché la normativa non obbliga né a voti, né a interrogazioni, compiti in classe, note disciplinari ecc., se vogliamo cambiare il modo di fare scuola, lo possiamo fare da subito, senza bisogno di attendere indicazioni dall’alto. Per esempio, la normativa obbliga al voto numerico solo alla fine del periodo didattico e alla fine dell’anno. Ma ci sono scuole che hanno abolito la scansione in trimestri o quadrimestri e quindi i voti li mettono solo nella pagella finale. Vuol dire che durante l’anno non c’è valutazione? Niente affatto! Si attua una valutazione formativa che considera l’errore un elemento prezioso per l’apprendimento e non qualcosa da punire. Si valutano i progressi rispetto ai livelli di partenza e non la prestazione rispetto a standard astrattamente definiti, si descrivono i punti di forza e di debolezza del lavoro svolto da ciascun studente.
In secondo luogo, si può iniziare a destrutturare l’orario scolastico che, non solo è molto pesante per ragazze e ragazzi (“Quattro, cinque ore di lezione sono una martellata in testa” ha detto il medico e neurobiologo Alberto Oliverio) ma prevede una parcellizzazione delle discipline che certamente non aiuta ad appassionarsi a qualcosa. Alcune scuole hanno, per esempio, programmato la “Settimana della Cultura Civica” concentrando in sei giorni l’attività annuale di Educazione Civica attraverso progetti ed esperienze. Ma si può fare anche la settimana dell’Italiano o della Lingua inglese. E perché non quella delle Religioni?
La terza cosa che vorrei sottolineare è una frase pronunciata da Daniele Novara: “Accettare la naturale immaturità di bimbi e adolescenti”. Mi ha colpito perché, almeno alle superiori, spesso sento colleghe o colleghi che si scandalizzano dell’immaturità dei nostri allievi. Può capitare, per esempio, che due rappresentanti, in Consiglio di classe, facciano domande che a nostro parere sono mal poste, o stupide… E allora c’è sempre qualcuno che spalanca gli occhi e lancia rimproveri: “Ma cosa vi salta in mente!? Ma vi sembra una domanda da fare!? Ma vi sembra il modo di rivolgervi agli insegnanti?!”. I ragazzi stanno cercando di diventare grandi, i consigli di classe sono palestre di partecipazione e dialogo con gli adulti… perché umiliarli? Qual è lo scopo? Accettiamo la loro immaturità! Noi adulti siamo lì apposta per aiutarli a crescere.
A breve dovrebbero essere pubblicati sul sito www.cppp.it gli interventi del convegno. Ci si può anche abbonare gratuitamente alla rivista “Conflitti”. Provate, è utile.
Carla Mantelli