In una quinta liceo, con le quattro ragazze non partecipanti alla gita ma eroicamente presenti in classe, abbiamo discusso del caso della scuola di Pioltello. Lo ha proposto una di loro. Come noto, il Consiglio di Istituto della scuola “Iqbal Masih”, alle porte di Milano, già nel maggio scorso, aveva deliberato di sospendere le lezioni in occasione della festa Eid-ul- fit per la fine del Ramadan. Il motivo era molto pratico: poiché il 40% di studentesse e studenti è musulmano, le persone presenti a scuola sarebbero state la metà.
Tre delle mie studentesse ritenevano la scelta giusta e di buon senso. Una di loro invece non approvava perché questi ragazzi musulmani “non sono a casa loro” quindi non possono imporre le loro tradizioni “a casa nostra”. Per di più, aggiungeva, se “noi” andassimo “a casa loro” dovremmo adeguarci alla “loro” tradizione e “loro” non accetterebbero la “nostra”. Una compagna ha fatto notare che, probabilmente, molti delle studentesse e degli studenti di Pioltello sono nati in Italia quindi, forse, considerano l’Italia “casa loro”. Un’altra ha osservato che, se si prevede che le classi siano dimezzate, sospendere le lezioni è puro buon senso. Ho aggiunto qualcosa sul concetto dell’universale destinazione dei beni e sulla conseguenza che “tutta la terra è di tutti” ma forse ho preteso troppo.
Anche perché, le ragioni di chi si è opposto alla decisione della scuola “Iqbal Masih” affondano le radici in qualcosa che ha poco a che fare con la ragione e molto a che fare con le emozioni. Per esempio la paura. Paura della società che cambia, paura dell’invasione, del diverso…
E devo ammettere che anch’io condivido almeno un po’ di questa paura perché, per esempio, con il diffondersi di culture in cui il maschilismo è ancora molto radicato e non messo in discussione, chi mi assicura che piano piano non si facciano passi indietro invece che avanti riguardo alla parità tra donne e uomini?
Credo che le nostre paure vadano riconosciute, nominate e non rimosse. L’importante è comprendere che, se a partire da esse, ci rifiutiamo di riconoscere la diversità degli altri elevando muri, creeremo conflitti difficili da gestire.
Non muri dunque ma ponti, condivisione, rispetto, dialogo. Questo possiamo leggere nella saggia decisione del Consiglio di Istituto di Pioltello.
Carla Mantelli