“Ad alcuni genitori ho chiesto se mai raccontano ai loro figli il lavoro che fanno, se ne spiegano il valore pubblico, se valorizzano con orgoglio i valori sociali di onestà, dignità, responsabilità, rivendicazione di una sempre maggiore giustizia come basi della convivenza civile, assai prima del guadagno e del successo. Mi è stato risposto che prevalgono troppo spesso la fatica, l’insoddisfazione, la frustrazione, la quotidianità. Noi dobbiamo essere gli eroi del concreto quotidiano per i nostri figli, che allontanano così il fascino del successo facile e basato solo sull’apparenza”
Ho riportato alcune righe dal libro di Danilo Amadei “Quanto ho imparato insegnando” (ed. Erickson live, pag. 91-92) di cui ho già parlato in un precedente post. Torno su questa frase perché credo si adatti perfettamente anche a noi insegnanti. Quante volte, di fronte alle nostre studentesse e ai nostri studenti noi parliamo del nostro lavoro e del suo valore pubblico, raccontando quanto sia bello svolgere il nostro compito con il massimo di onestà e responsabilità, quanto sia entusiasmante che anche attraverso il nostro lavoro possiamo contribuire a costruire la giustizia come base della convivenza civile? Oppure siamo tentati di parlare del nostro lavoro come qualcosa di frustrante, che ci opprime, come un tunnel alla fine del quale vediamo una luce ancora troppo piccola: la pensione?
Spesso sento adolescenti convinte di vivere in un mondo che scivola inesorabilmente lungo una china di negatività, un mondo peggiore di quelli precedenti in cui senz’altro c’erano più sicurezza, civiltà, valori. Sono “convinzioni” che non possono che essere state trasmesse da adulti scontenti della propria vita, educatori alla scontentezza e alla nostalgia di che cosa non si sa. La tentazione di lamentarci continuamente per i cambiamenti che subiamo, per le fatiche che ci sembrano eccessive, per la frustrazione legata ai risultati che non vediamo...è forte. E inevitabilmente produce lamenti e frustrazione in chi dobbiamo educare.
Invece noi possiamo essere gli eroi del concreto quotidiano per le giovani generazioni testimoniando che il nostro lavoro è faticoso ma bello, difficile ma esaltante. Un lavoro che si è rinnovato profondamente negli ultimi decenni per essere sempre più capace di promuovere la loro crescita culturale e umana.
In gioco non c’è solo la capacità di vedere il bicchiere mezzo pieno in modo da vivere meglio ma anche la nostra credibilità di educatrici ed educatori che sanno incoraggiare i giovani a vivere la vita con impegno e speranza.