Valutare che cosa, come, in quale contesto? Queste le domande che ci siamo posti come IdR al recente incontro di aggiornamento che ha coinvolto docenti delle secondarie di primo e secondo grado. Il contesto è stato descritto dall’introduzione svolta da Carla Mantelli e integrata dagli interventi successivi. L’elemento forse più rilevante è che la nostra valutazione esclude, per legge, voti ed esami. Questo è un elemento decisamente discriminante per molti aspetti ma, nello stesso tempo, è spesso vissuto come una grande opportunità per dare importanza alla relazione educativa piuttosto che alle prestazioni.
Inoltre, come ha acutamente osservato Luigi Lanzi nel dibattito, nella scuola odierna che vuole puntare sulle competenze, la valutazione che “precipita” in un voto risulta del tutto inadeguata. In questo senso la condizione dell’IRC può davvero essere interessante e trainante per una rinnovata impostazione didattica. Ciò è stato dimostrato anche dagli interventi programmati compiuti da Francesca Superchi e Gilberto Brianti per la secondaria di secondo grado seguiti da Cecilia Vezzani e Alessandro De Luca per la secondaria di primo grado. Si è trattato di contributi molto concreti che hanno dimostrato la passione e la professionalità con cui molti di noi lavorano e il grande impegno che mettiamo nel tenere il passo con i cambiamenti normativi e culturali che toccano la scuola, sempre avendo come scopo finale la crescita umana e culturale delle ragazze e dei ragazzi che ci sono affidati. In tutti gli interventi è emerso come la valutazione abbia come oggetto non tanto e non solo le conoscenze in ambito religioso ma abilità e competenze di comprensione e rielaborazione dei testi, interazione costruttiva con il gruppo, autovalutazione. Utile anche il suggerimento di Gilberto Brianti che, analogamente all’abitudine di altri colleghi, è solito chiedere alle classi una valutazione del lavoro svolto e del modo in cui l’insegnante lo ha impostato. E’ un modo per responsabilizzare ragazzi e ragazze e per migliorare stile relazionale e impostazione didattica da parte dell’insegnante.
Certo è che interagire con un numero di studenti che va dai 350 ai 400 non è affatto semplice, anche in considerazione del fatto che la continuità e la “fluidità” del lavoro sono messe a rischio dallo scarsissimo monte ore annuale oltretutto estremamente frammentato in quanto distribuito in nove mesi di scuola.
Nel triennio finale delle secondarie di secondo grado la valutazione IRC è particolarmente irrilevante dal punto di vista formale perché non entra nel calcolo della media (che serve a comporre buona parte del voto dell’esame di Stato) e, di fatto, quasi mai riesce ad incidere sulla banda di oscillazione. Di contro, in tutti gli interventi è stato evidenziato che l’IdR è molto ascoltato in sede di Consiglio di classe e di scrutinio proprio perché il suo modo di impostare la relazione di insegnamento-apprendimento fornisce un punto di vista originale e utile a una valutazione complessiva più motivata.
Vinicio Zanoletti ha osservato che in sede di modifica del Concordato, nel 1984, o anche successivamente, si sarebbe potuto mettere mano anche al Regio Decreto del 1930 che impedisce voti ed esami per l’IRC. Il motivo per cui non è stato fatto è puramente ideologico: non si voleva che l’IRC fosse pienamente scolastico. Bisogna però stare attenti a proporre, in questo contesto, il voto numerico anche per l’IRC. Ammesso che abbia senso nella scuola delle competenze, potrebbe risultare un boomerang (la classica toppa nuova sul vestito vecchio) per una disciplina che resta facoltativa e legata anche a un’autorità esterna alla scuola.
Con gli interventi di Federica Alberti, Antonia Ferrari, Lucia Consigli, Catia Pretolani, Liliana Castagneti, Elena Vighi, Paola Ferrari, Stefania Mazzocchi, Luisa Zavaroni si è concluso un dibattito intenso e ricco che sarà certamente ripreso nel percorso di formazione dell’anno prossimo.