Gabriella Zarri, docente di storia moderna all’Università di Firenze, ha parlato al Collegio San Carlo di Modena dei mutamenti sociali ed ecclesiastici più rilevanti prodotti dal Concilio di Trento. La sua Conferenza si può ascoltare su “you tube” e sul sito della Fondazione. Zarri ha esordito adottando per tale Concilio la definizione di “cattolicesimo moderno”, proposta dal gesuita John O’ Malley, dove il termine “moderno” metterebbe in rilievo la sua relazione con l’epoca e non andrebbe inteso nel senso di “progressivo”.
Rimane tuttavia il fatto che, mentre la riforma protestante comporta un cambiamento sia della dottrina che della disciplina, a Trento invece si cambia solo la disciplina, dando sostanzialmente per scontato lo scisma, e limitandosi quindi a ridefinire i termini dogmatici cattolici nella loro contrapposizione rispetto alle formulazioni protestanti.
“Controriformistiche” furono propriamente a Trento solo l’istituzione del Santo Uffizio e dell’Indice dei libri proibiti. Occorre richiamare il clima di guerra in cui il Concilio iniziò: questo spiega sia il ritardo dei lavori che la scarsa presenza di vescovi, perlopiù italiani, nella prima fase (1545-1547.)
A nessuna sessione del Concilio parteciparono protestanti, ma in compenso erano presenti attenti osservatori degli Stati sovrani, che controllavano e frenavano le discussioni e rappresentanti della Curia romana, ovviamente attenti alle questioni di potere. Non furono mai presenti i Papi, che inviarono invece 4 delegati.
I Decreti “De reformatione” ridisegnarono la Chiesa. Non esisteva infatti una ecclesiologia comune tra i vescovi.
Tuttavia, i partecipanti si accordarono su di un punto di fondo: scopo del Concilio era la cura della “salus animarum”. Particolare attenzione si pose sulla questione della residenzialità dei vescovi e dei preti, segno che il clero era ancora molto indisciplinato.
Si mise un freno al cumulo dei benefici, che furono messi anche in diretta dipendenza con la cura delle anime. Il prete doveva diventare una figura professionale, istruito nella cura delle anime, ed anche gli abiti, il comportamento, il modo di camminare, dovevano mostrare un atteggiamento serio, equilibrato e pieno di religiosità, evitando anche le mancanze più leggere.
Fu in questo periodo che il clero iniziò a differenziarsi dal laicato nella considerazione del popolo cattolico, e sorsero Seminari per la formazione dei preti in cui i poveri potessero entrare senza pagare le rette. I vescovi dovevano periodicamente render conto ai metropoliti, e fare regolari visite alla Diocesi, proclamare le Scritture e far catechismo ai fanciulli.
Viene comminata la scomunica ai preti “concubini” (che evidentemente esistevano!) e il concubinato divenne scandaloso, per estensione, anche per i laici. Il matrimonio fu disciplinato come non lo era prima: sorsero gli atti di “pubblicazione” dei matrimoni e la pratica dei testimoni alle nozze. Fu proibito l’asservimento del clero ai principi e l’uso dei duelli.
Il Papa fece redigere un catechismo, indulgenze e digiuni vennero regolati, breviario e messale riformati. Siccome si potevano prevedere obiezioni circa l’applicazione dei Decreti conciliari, si formò la “Sacra Congregazione del Concilio” che risolveva le eventuali questioni di interpretazione: questo privò i vescovi dei loro poteri in Diocesi. Avendo potere giudiziale e coattivo, la Congregazione diede l’avvio ad un nuovo tipo di diritto che fu definito “nuovo” e che abolì vecchi privilegi e consuetudini.
Insomma la Chiesa venne totalmente riorganizzata, gerarchizzata e centralizzata: il Papa mortificò il potere e l’iniziativa dei vescovi fino a spegnerli.
Molti principi e ordini religiosi si opposero a Trento; la riforma avvenne per intervento diretto di Roma e con coercizione.
La vicinanza di vescovi e parroci alle comunità e la consuetudine dei sacramenti rinsaldò i legami di famigliarità all’interno delle comunità ma anche il controllo delle organizzazioni laicali.
La parrocchia divenne centrale in quanto i sacramenti dovevano essere celebrati in tale sede e l’obbligo di redigere i cosiddetti “stati delle anime” sulla frequenza dei fedeli ai sacramenti assunse la funzione di una sorta di “anagrafe” che risultava anche molto utile allo Stato, le cui strutture erano in via di formazione. Le benedizioni pasquali servivano inoltre a verificare la regolarità dei nuclei famigliari e la regolarità annuale al sacramento della confessione, che poteva prevenire l’accusa di eresia.
Per i matrimoni di donne minorenni venne richiesto il consenso paterno.
L’esigenza di evitare matrimoni clandestini era pressante anche presso protestanti ed ebrei, anche se rimanevano ambiguamente validi, nel dettato tridentino, anche i matrimoni clandestini…
Fattori che, in ambito cattolico, favorirono una presa di coscienza individuale, furono la richiesta del consenso personale nella monacazione (che tuttavia nel caso delle donne rimaneva spesso forzata), la confessione personale e non più comunitaria, la preghiera silenziosa anziché comunitaria, la riduzione del numero di padrini ai battesimi.
A livello sociale fattori importanti di “civilizzazione” furono l’alfabetizzazione favorita dal catechismo, l’uso dell’arte sacra per l’istruzione del popolo e la liturgia accompagnata dalla musica, le processioni, e infine la nascita di ospedali, conservatori e collegi.
Il Concilio di Trento diede insomma l’avvio ad una serie di trasformazione ecclesiali che durò secoli.