“In queste ultime settimane si è riaperto su Avvenire il dibattito sull’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) nella scuola italiana. Crediamo che su questo tema sia importante fare sentire anche una voce da parte di chi questa disciplina la insegna”. Inizia così l’intervento che 11 IdR di Parma hanno inviato nei giorni scorsi ad Avvenire. “Noi riteniamo” continuano “che il quadro giuridico in cui è collocato oggi l’IRC sia inadeguato.
Si tratta dell’unica materia scolastica che è facoltativo frequentare e che non prevede alcuna alternativa obbligatoria. Genera quindi, specie nella secondaria di secondo grado, migliaia di studenti nullafacenti per un’ora la settimana. Studenti che spesso non sono “non credenti” o “non cattolici”: semplicemente preferiscono fare un’ora di scuola in meno e si guardano bene dal frequentare le attività alternative. E’ inoltre l’unica materia priva di voti ed esami quindi chi la frequenta è gravemente discriminato perché il suo lavoro non può essere fatto valere in alcun modo (per esempio con un voto che faccia media). Ma ciò che soprattutto appare ingiusto è che un numero considerevole di giovani sono privati di un’occasione di cultura religiosa di cui avrebbero diritto e che sarebbe essenziale per favorire il confronto, il dialogo e quindi la pace. Giovani che fin da bambini mostrano pochissima consapevolezza del proprio vissuto religioso e che in molti casi iniziano a farsi domande alla scuola primaria (è frequente la domanda: “Maestra ma io sono cristiano?”). Noi pensiamo che tutti i nostri ragazzi e le nostre ragazze abbiano bisogno di una disciplina centrata sul senso del fenomeno religioso e sulle sue concrete e differenti manifestazioni tra le quali il Cristianesimo ha, in Italia e in Europa, storicamente, un’importanza eccezionale. Sarebbe quindi da superare un insegnamento di Religione Cattolica così come è concepito oggi: lo esige la società contemporanea fortemente secolarizzata ma anche fortemente segnata, nel bene e nel male, dalla presenza di religioni diverse. Una società che fa fatica a capirle e a metterle in dialogo. Ed è proprio questo che deve e può fare l’ora di religione a scuola: aiutare e capire e a mettere in dialogo. Molti di noi lo stanno già facendo attraverso progetti didattici che comprendono lo studio di varie religioni e l’incontro con testimoni di diverse comunità. Ciò non significa sminuire l’importanza del Cristianesimo nella sua forma cattolica, anzi. Significa aprire nuovi percorsi di comprensione e quindi di rinnovata espressione delle categorie tradizionali attraverso cui è stato detto il Cristianesimo (che orami molti conoscono quasi solo in modo caricaturale esattamente come caricaturale è la conoscenza dell’Islam o di altre religioni) all’interno del contesto pluralista in cui oggi viviamo.
Per questo riterremmo auspicabile l’istituzione di un insegnamento obbligatorio di Cultura Religiosa in cui il Cattolicesimo abbia una parte importante ma non esclusiva. In linea con ciò che tanti insegnanti di religione già fanno per collocarsi correttamente nel nuovo contesto sociale e di fronte alle domande dei nostri studenti.
Ci vorrebbe un grande e coraggioso sforzo da parte della politica, della Chiesa Cattolica e delle altre comunità religiose presenti nel Paese e, naturalmente, della scuola che già sta sperimentando interessanti percorsi nuovi”.
Anna Brgahiroli, Rossana Frigeri, Marina Groppi, Daria Jacopozzi, Carla Mantelli, Daniela Marmiroli, Stefania Mazzocchi, Francesca Superchi, Simoba Verderi, Donatella Vignali, Chiara Visentini. Rosa Sorrentino (che si è aggiunta dopo la spedizione ad Avvenire).