L’argomento è stato sviluppato in una interessante relazione tenuta dalla dott.ssa Rita Torti al recente collegio IdR. Uno dei concetti chiave espressi mi pare si possa rendere in questo modo: se analizziamo le immagini del femminile di cui è ricca l’iconografia religiosa, scopriamo che la maggior parte di esse ci dicono molto di più sul pensiero degli uomini che le hanno prodotte o commissionate che sulla realtà effettiva delle donne.
Un caso tipico è quello di Maria di Magdala, molto spesso raffigurata come prostituta pentita o, al massimo, come inutilmente protesa verso Gesù che l’allontana dopo la resurrezione (“Noli me tangere”). In realtà i vangeli ci raccontano che la Maddalena era la più importante delle discepole di Gesù e la prima Apostola della Resurrezione. Sicuramente ha avuto un rapporto molto stretto con Gesù e sicuramente da Lui era stata guarita da una grave malattia. Sicuramente non era una prostituta. Chi sono gli uomini che hanno ridotto l’Apostola degli Apostoli a una prostituta pentita? Conoscitori superficiali della Scrittura? Spaventati di fronte al potere femminile? Accecati da pregiudizi misogini? Sta di fatto che nella loro mente è scattato qualcosa che ha travisato la realtà.
Ma Rita Torti ci ha illustrato come molte altre donne bibliche abbiamo subito analoga sorte: dalla profeta Miriam alla giudice Debora fino a Priscilla, collaboratrice di Paolo. E così si rischia di non avere memoria che le donne nella storia sacra hanno un ruolo importantissimo!
Maria di Nazareth è un’altra donna molto rappresentata nell’arte cristiana e molto esaltata nella teologia e nella predicazione. Anche la sua immagine però è stata disancorata dai racconti biblici e proiettata in un mondo di sovrumana perfezione. Spesso indicata alle donne come modello ma dalle donne inesorabilmente inimitabile. E infatti il culto di Maria non ha mai disinnescato la “infirmitas sexus” delle donne normali.
“Perché è importante interrogarsi su questa questione?” si è chiesta Rita Torti. Perché solo liberandole dalle incrostazioni della tradizione androcentrica potremo far conoscere davvero alle nostre studentesse e ai nostri studenti le tante donne che hanno reso grande la storia del cristianesimo. Operazione molto educativa e salutare anche per favorire un corretto rapporto tra donne e uomini, restituendo alle prime la visibilità e la genealogia e ai secondi la consapevolezza della propria parzialità.
Tuttavia è bene osservare che le rappresentazioni del femminile nel corso della storia non sono state univoche e vi sono state voci e immagini contrarie all’androcentrismo imperante: da Abelardo che sosteneva l’uguaglianza delle donne e degli uomini nella colpa come nella redenzione, alle umaniste protagoniste nel Cinquecento della “querelle des femmes”. E non dimentichiamo nemmeno le immagini di Adamo ed Eva nella Cappella Palatina di Palermo e nella michelangiolesca Cappella Sistina: entrambi prendono dall’albero il frutto proibito, entrambi sono responsabili del peccato.
Evidentemente nel corso della storia alcune rappresentazioni sono risultate vincenti e altre marginalizzate. Intrigante chiedersi “Perché?” e soprattutto “Quali conseguenze per noi oggi?”.
Ma a questo punto mi sembra opportuno rinviare all’analisi dei documenti che la dott.ssa Torti ci ha gentilmente fornito e che sono disponibili in altra sezione del sito.