Intenso pomeriggio di studio al Liceo Bertolucci per riflettere sul tema “Bibbia cultura e scuola”. Dopo l’introduzione del Dirigente Scolastico Aluisi Tosolini, hanno preso la parola la teologa e  biblista Marinella Perroni e i teologi Brunetto Salvarani e  Marco Dal Corso. L’iniziativa si è svolta nell’ambito del Concorso nazionale promosso dall’associazione Biblia e dal MIUR, sul tema “Storie di guerra e profezie di pace nella Bibbia”. Sono diversi anni che si svolge questo concorso nazionale rivolto alle scuole e lo scopo è quello di promuovere un approccio laico alla Bibbia e far scoprire che la Bibbia è una delle sorgenti della cultura europea. L’anno prossimo il tema sarà: “La musica e la Bibbia”.

Marinella Perroni ha sottolineato come l’Italia per molto tempo è rimasta al di fuori di ogni cultura biblica a differenza dei Paesi protestanti. Certo in questi ultimi si è corso il rischio del fondamentalismo biblico ma purtroppo a causa del conflitto tra cattolicesimo e protestantesimo, la gerarchia romana per secoli ha considerato la Bibbia un testo pericoloso.

Nel 1500 furono messe all’indice 45 traduzioni della Bibbia. Si salvò solo quella latina.

Nel 1713, alcune proposizione come “La lettura della Scrittura è per tutti”  “Non bisogna dispensare i laici dalla lettura della parola di Dio. ..” “ E’ un’ illusione l’idea  che l’informazione religiosa non debba essere comunicata alle donne perché  il problema è la superbia dei maschi non la semplicità  della donne”, queste e altre proposizioni furono condannate come false, offensive, scandalose… e quindi anatema!

Solo il Vaticano II recupera l’importanza della Bibbia. Ma ben presto inizia il “grande inverno” della chiusura rispetto al Vaticano II per il presunto rischio di “protestantizzazione”. Oggi le Chiese protestanti storiche sono in crisi per la forte spinta dei gruppi evangelicali che leggono la Bibbia in modo fondamentalista. Nel cattolicesimo, con le migrazioni, ritorna un devozionismo assolutamente estraneo al testo biblico. Potremmo leggere la crisi dell’Europa come crisi del fondamento biblico.

Anche a scuola la Bibbia è il libro assente.  

“Perché gli studenti devono sapere tutto di Omero e non di Mosè?” si chiedeva Umberto Eco. E’ ovvio che per prima cosa sarebbe necessario superare l’esclusione della teologia dalle Università di Stato. In ogni caso la scuola deve recuperare l’importanza della Bibbia come grande codice della nostra cultura: la laicità deve essere quella della conoscenza e non dell’ignoranza! 

Brunetto Salvarani ha sottolineato come leggere la Bibbia non significhi solo fare corretta esegesi ma anche vedere come i testi biblici sono stati riletti in diversi contesti culturali. Dopo il Concilio, in Italia, non sono stati i teologi a tradurne le novità ma Pasolini con Il Vangelo secondo Matteo, Liliana Cavani con il film Francesco e Fabrizio De Andrè con l’album La Buona Novella. Si è soffermato anche sulla cosiddetta Pop teology che analizza i prodotti pop anche per osservare come emergano in essi tanti elementi biblici. Interessanti le incursioni nella saga dei Simpson, nel fumetto Dylan Dog, nel Moby Dick di Melville.Tra i libri citati dal relatore: Gioele Dix, “La Bibbia ha quasi sempre ragione”.

Marco Del Corso ha cercato di mostrare concretamente come ci si può accostare in un percorso scolastico, al testo biblico.

Particolarmente impegnativo il brano scelto (Esodo 17,8-16), un brano di guerra e di violenza in cui Dio uccide tutti i nemici di Israele. Per spiegarlo si potrebbe cedere a diverse tentazioni: accontentarsi di affermare che la Bibbia è un testo plurale e contraddittorio; fare ancora peggio affermando che così è il Dio dell’Antico Testamento, non così il Dio rivelato da Gesù: questi non solo sono approcci superficiali o sbagliati teologicamente ma sono modi di leggere la Bibbia “dal di fuori” Invece noi possiamo capirla solo leggendola “dal di dentro”. Un corretto approccio esegetico deve essere seguito da un approccio ermeneutico che per esempio sappia decostruire il mito vedendo nel deserto il simbolo del momento in cui Israele deve decidere (come nel mito di Adamo ed Eva) se affidarsi a Do o “autocostitirsi”. Amalek rappresenta questo dubbio e per questo viene ucciso da Dio. Interpretazione difficile, alla quale giungiamo aiutati dall’ermeneutica ebraica. Interpretazione sensata perché la Bibbia colloca questo episodio in una delle tappe fondamentali del percorso di autocoscienza di Israele.

Chi volesse approfondire può visitare il sito www.bes.biblia.org