Dopo il Motu proprio di Francesco “Spiritus Domini” e relativa lettera di accompagnamento, nella chiesa cattolica si sono registrate due reazioni: la prima di chi gioisce di questo pur piccolo passo avanti perchè “piuttosto di niente è sempre meglio piuttosto”; la seconda di chi si è ulteriormente intristito perché nel 2021 questo piccolo passo “è troppo tardi e troppo poco”. Ma andiamo con ordine. Nei documenti usciti dal Vaticano II non si affronta il tema dei ministeri (ordine, diaconato, ordini minori...) in

 

riferimento al genere maschile e femminile.  La questione resta aperta. A chiuderla provvede pochi anni dopo Paolo VI con il Motu proprio “Ministeria quaedam” che abolisce i cosiddetti ordini minori propedeutici al ministero ordinato e istituisce i ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato non più necessariamente primi gradini verso il presbiterato ma conferibili anche a laici come espressione della loro responsabilità nella missione della chiesa, in forza del Battesimo.

Inspiegabilmente Paolo VI stabilisce però che “L’istituzione del Lettore e dell’Accolito, secondo la veneranda tradizione della Chiesa, è riservata agli uomini”.

Era il 1973.

Quasi 50 anni dopo Francesco abroga questa norma stabilendo che i due ministeri istituiti possono essere conferiti sia alle donne che agli uomini. 

Nel frattempo, anche il ministero del diaconato era stato slegato dal sacramento dell’Ordine dato che può essere conferito a laici sposati. Ma qui resta ancora, sempre inspiegabilmente, la riserva maschile.

Sulla discussione riguardante la possibilità di conferire il sacramento dell’Ordine sia agli uomini che alle donne ha cercato di porre una pietra tombale Giovanni Paolo II con la lettera apostolica “Ordinatio sacerdotalis”.

Correva l’anno 1994.

In un tempo in cui tutto viene messo in discussione, in cui l’autorità in ogni ambito non è mai percepita come assoluta, in cui la libertà è il valore dominante, in cui l’appartenenza alla Chiesa non è più un fatto di tradizione ma di scelta... fa impressione che un vescovo di Roma possa affermare che “Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa” (OS n.4)

A questo punto la domanda è: il piccolo passo di Francesco serve ad avviare un processo di revisione globale della mentalità e della prassi patriarcale ancora presente nella chiesa cattolica? Possiamo dunque far prevalere in noi la fiducia? Oppure si tratta di un “contentino” che non mette in discussione l’impianto generale?

In ogni caso, l'impressione è che il Motu proprio di Francesco metta ulteriormente a nudo la sconcertante lentezza con la quale la gerarchia ecclesiastica recepisce alcuni tra i più significativi segni dei tempi. E ciò contribuisce ad allargare l'abisso tra la chiesa e le generazioni di giovani che noi IdR incontriamo tutti i giorni.