Ho trovato interessante, a proposito della situazione in Italia tra religioni e tra culture, un editoriale di Antonio Polito sul Corriere della sera intitolato "Se abbiamo paura di dire chi siamo". L'articolo si riferisce all'intervento di due giornalisti sull'Isis in una scuola di Milano: gli alunni islamici hanno contestato il diritto di parlare dell'islam da parte di chiunque non sia islamico, mentre gli alunni italiani si sono dimostrati incapaci di replicare, come se non ci fosse nulla da dichiarare in pubblico, essendo in qualche modo abituati a pensare che una verità religiosa, semplicemente, non si discute. Come se i principi della Costituzione, ad esempio, fossero acqua fresca.
Sono anche stata colpita dall'intervento di alcuni psicanalisti, che hanno tracciato il profilo culturale e psicologico dei terroristi: persone che avevano smarrito la loro educazione religiosa, si erano secolarizzati e successivamente convertiti ad una versione semplificata e totalitaria dell'Islam.
La nostra educazione occidentale, nota una psicanalista francese, esperta di disturbi dell'adolescenza, non sa più "interrogare" la religione, semplicemente la ignora. Il vuoto che ne deriva è nichilismo, e su questo si installa una forma di religiosità in qualche modo "post-moderna"; il ruolo di un insegnante di religione sarebbe precisamente questo: ridare la parola ad una tradizione che è un tesoro a cui nessuno sa più attingere. Improvvisamente, tragicamente, la religione si è ripresa uno spazio che nessuno, in occidente, pensava più potesse avere.