Forse non capita a molti di trovarsi in classi esclusivamente femminili o maschili ma in certe scuole accade. Nel Liceo dove insegno, per esempio, i maschi sono pochissimi quindi le classi composte da sole ragazze non mancano. Purtroppo mi succede spesso di sentire colleghe e anche studentesse che giudicano negativamente questo fatto esclamando che “in questa classe ci vorrebbe qualche maschio e il clima sarebbe certamente migliore!” oppure “Noi ragazze siamo contorte e pettegole, se ci fosse qualche maschio in classe migliorerebbero i rapporti” e ancora: “Hai visto che nella prima che abbiamo insieme sono stati inseriti tre maschi? Meno male! Le classi di sole ragazze sono asfissianti”... E così via.
Ora, io non voglio certo mettere in discussione il valore della coeducazione che è una scelta consolidata e del tutto condivisibile del nostro sistema formativo. Però, un conto è approvare le classi miste in quanto luoghi in cui ragazze e ragazzi imparano a conoscersi, rispettarsi, dialogare, condividere esperienze. Tutt’altra cosa è dire che i gruppi femminili, in quanto femminili, hanno qualcosa di negativo che solo la presenza di maschi può cancellare o attutire. In questo secondo caso si trasmette a priori una idea negativa del femminile e una positiva, quasi terapeutica al maschile.
Se proviamo a uscire da questa impostazione ideologica sul genere e guardiamo all’esperienza concreta di scuola possiamo facilmente vedere che le cose sono molto più complicate: ci sono gruppi femminili coesi e positivi come ci sono gruppi femminili conflittuali e contorti; l’inserimento di maschi in gruppi a maggioranza femminile può essere positiva o negativa a seconda della maturità delle persone che compongono il gruppo. Ho visto ragazzini fare i bulli per marcare la propria identità maschile e ragazzini maturi con un bel senso della leadership. Ho visto maschi talmente immaturi rispetto alle loro coetanee da sentirsi in imbarazzo e isolarsi dalla classe. Ho visto classi in cui ragazze e ragazzi (nonostante lo squilibrio numerico a sfavore di questi ultimi) hanno impostato rapporti aperti, costruttivi, alla pari.
Quello che mi preoccupa è che in un contesto culturale nel quale la pari dignità di donne e uomini sembra acquisita, ci siano ancora educatrici ed educatori che trasmettono un’idea del femminile come caratterizzato da un “mancanza”, quando non da una schietta negatività. Può darsi che il fenomeno si ripeta, a parti inverse, nelle scuole a netta maggioranza maschile. In ogni caso, il compito di noi che educhiamo dovrebbe essere quello di favorire l’autostima nei ragazzi e nelle ragazze che ci sono affidate. Evitando letture ideologiche della realtà e superando stereotipi ormai ammuffiti.